Buona lettura!
- Presentateci il vostro progetto artistico: come e
quando è nato, come si è evoluto nel tempo, quali obiettivi vi ponete per il
futuro.
Dunque, sinteticamente:
siamo diventati un gruppo professionista una quindicina di anni fa, siamo nati
precedentemente come un gruppo all’interno di un liceo, ci vedevamo alcuni
pomeriggi per fare teatro ed era una passione fra tante altre cose, non
pensavamo che sarebbe diventato un lavoro. Ad un certo punto c’è stata l’occasione,
mentre studiavamo ancora all’università, di provare a fare del professionismo e
quindi abbiamo fatto questo grande salto e abbiamo fondato il Faber, sostanzialmente nella struttura
in cui siamo ancora oggi, cioè nove persone, sei attori in scena, due registi e
direttori artistici e Chiara che è il nostro promoter/ufficio stampa.
Per parlare invece di progetti artistici, ecco, ehm, numerosi. (ridono, ndr)
Allora, sintetizzando: noi spaziamo nel teatro a tutto tondo, sia come
compagnia che produce spettacoli, sia come organizzatori di attività e festival
sul territorio. Lavoriamo su tanti piani diversi, dal teatro di strada (e infatti qui siamo con Emigranti, che è uno
spettacolo storico di teatro di strada, per noi) alle canzoni popolari, con lo studio e il lavoro sulla voce, lavoriamo
con molte altre tecniche di arte di strada come i trampoli, per esempio, però
lavoriamo anche al chiuso, facciamo anche spettacoli
da palcoscenico, spettacoli di teatro d’attore, spettacoli di narrazione, spettacoli per bambini e ragazzi, dalle
scuole materne alle superiori. Organizziamo rassegne invernali e organizziamo
anche un festival estivo in piccoli paesi intorno a Chivasso che è il posto dove siamo nati con l’obiettivo di portare
il teatro dove il teatro non esiste e fare drammaturgia del territorio,
costruire una rete, un tessuto intorno al teatro. Questo è.
- Lo spettacolo che presentate qui alla Fira si
intitola appunto Emigranti ed è
itinerante per le strade di Manresa. Quanto è importante il coinvolgimento del
pubblico in uno spettacolo come il vostro e, di conseguenza, quanto conta
l’improvvisazione?
Emigranti è uno spettacolo che è nato come itinerante ma ha
la particolarità di avere due anime
poiché ci è stato richiesto anche come spettacolo fisso, in teatro. Per strada,
il lavoro con il pubblico è
fondamentale, è uno spettacolo nato proprio per questo, è molto fissato, molto
studiato ma, proprio per questo, abbiamo grandi margini di improvvisazione. Le azioni
sono oramai definite nei minimi dettagli (sguardi, relazioni fra noi, …), abbiamo
degli appuntamenti fortissimi per cui, qualunque cosa succeda durante lo
spettacolo, siamo un carro armato che va avanti. È uno spettacolo delicato,
cantiamo e suoniamo in acustico con sei voci, una chitarra, una fisarmonica,
bacchette e una grancassa a fare da percussione però, nel momento in cui
troviamo una situazione come qui a Manresa in cui c’è una piazza o una strada
abbastanza silenziosa, lo spettacolo funziona molto, le persone sono molto
coinvolte, sorridono dall’inizio alla fine, ridono, a volte forse piangono
anche un po’…
- Il vostro progetto artistico si basa molto anche
sulle contaminazioni fra diverse tradizioni e culture: quant’è vantagiosa una
realtà come la Fira Mediterrània de Manresa per promuovervi ma anche per
lasciarvi contaminare in qualche modo?
Mah, guarda, primariamente
c’è l’impatto con un pubblico diverso: ogni Paese, ogni pubblico ha un diverso
approccio con lo spettacolo di strada. Anche qui, per esempio, nelle tre
giornate diverse, ci sono state reazioni molto diverse nel pubblico. Sul clima
e le influenze artistiche diverse non possiamo dire molto perché, avendo uno
spettacolo al giorno da portare in scena, abbiamo visto poche cose. È molto
bello, però, sentirsi dentro un mondo di musica e di canto. Ieri, ad esempio, mentre
facevamo riscaldamento in una stanza, in quella accanto c’era un gruppo di
ragazze catalane che cantavano; si crea questa sinergia, questa aria d’arte.
- Visto che il nostro è un blog di approfondimento
musicale raccontateci qualcosa in più circa l’aspetto più musicale del vostro
progetto: in che modo nascono le melodie che accompagnano i vostri spettacoli e
quanto sono importanti per la riuscita di questi?
Parlando di Emigranti, i materiali musicali dello
spettacolo sono tradizionali, sono
canzoni popolari di diversi Paesi: partiamo con una canzone francese, ci sono
dei canti brasiliani, dei canti yiddish, dei canti spagnoli e, per finire, dei
canti italiani. A partire da questi materiali tradizionali, abbiamo fatto prima
un lavoro di arrangiamento fra voci e
strumenti e poi un lavoro di approfondimento esclusivamente sugli arrangiamenti vocali. Per cui adesso il
cuore del nostro lavoro musicale è il lavoro vocale, le armonizzazioni e la
fusione fra le nostre voci.
Adesso, lavorando con Antonella
Talamonti, una musicista romana della Scuola
Popolare di Musica di Testaccio, in spettacoli nuovi ci siamo avventurati
anche nella scrittura di musica inedita per i nostri spettacoli. Quindi Parada,
per esempio, è uno spettacolo in cui le musiche sono tradizionali in parte e in
parte anche nostre.
- Abbiamo letto sul vostro sito che siete una
compagnia riconosciuta e sostenuta dal Ministero dei Beni e delle Attività
culturali…
…“sostenuta” è una parola
un po’ eccessiva!
- Ecco, è proprio questa la domanda: in realtà in
cosa consiste questo sostegno? Quanto vi aiuta un riconoscimento del genere?
Ehm, non c’è un’altra
domanda? (ridono, ndr)
- No, vogliamo proprio la polemica, dai.
Ah sì? (ridono, ndr) Allora, seriamente: il
mondo dei finanziamenti ministeriali,
dal punto di vista degli stanziamenti, è fermo da molti anni. Noi siamo entrati
nell’insieme dei gruppi finanziati nel 2009, in un momento altamente
improbabile, e siamo molto contenti di questo.
Negli anni passati succedeva che l’anzianità, la stabilità e la qualità del
lavoro artistico facessero aumentare i contributi di anno in anno. Attualmente questo
non sta più succedendo, la situazione è molto difficile, per cui noi abbiamo un
sostegno del 25% rispetto a quello di
cui avremmo diritto secondo i parametri ministeriali. Da qualche anno si
sta parlando di andare a rivedere e togliere delle anzianità che forse hanno
perso un po’ di senso, per gruppi che hanno molti anni ma hanno ridotto
notevolmente l’attività teatrale, per cui staremo a vedere. Noi speriamo
davvero almeno di arrivare ad avere gradualmente quello di cui avremmo diritto.
L’altro campo che il Ministero dovrebbe finanziare e in cui ancora non ci siamo
avventurati sono le spese per i viaggi però, per esempio, questo viaggio a
Manresa è un viaggio troppo piccolo perché il Ministero possa intervenire
dunque è chiaro che, se La Scala va in Giappone, è più facile che riceva un
sostegno.
Non ci sentiamo di dire che la situazione sia un disastro però, certo, rispetto
a gruppi come noi che però hanno fatto domanda una quindicina di anni fa, siamo
molto svantaggiati.
Diciamo che ci sono molti margini di miglioramento, ecco. (ridono, ndr)
- Per concludere, ipotizziamo per un momento che
siate venuti qui in qualità di semplici spettatori: cosa vi ha entusiasmato di
più della Fira? E cosa, invece, non avete apprezzato?
In generale, come
dicevamo prima, il bello è l’atmosfera
che si respira. È bello essere in posti in cui hai la percezione di essere
valorizzato come artista e, girando molto, possiamo dirvi che non è una cosa
scontata. È un festival che ha una dimensione
molto umana, è evidente che nel corso degli anni siano riusciti a creare
una relazione molto bella con il pubblico e con la gente che vive qui.
Banalmente, noi siamo qui perché è un’occasione di promozione per il nostro
lavoro però il bello della Fira è che, pur essendo una vetrina, ha un pubblico
vero, fatta di gente normale, non ci si trova a fare uno spettacolo solo per
gli organizzatori ma a fare arte in una situazione “reale”, con un pubblico vero
e molto bello, molto caldo e anche molto educato, che per la riuscita del
nostro spettacolo è importante.
La cosa che non ci è piaciuta molto è la disparità tra una realtà come questo
albergo – bellissimo ma che però ha la pecca di essere completamente fuori e
quindi di complicare un po’ le cose a livello organizzativo per raggiungere la
Fira – e la mensa. (ridono, ndr) Quindi
se si potesse diminuire questa disparità, noi saremmo contenti ugualmente!
http://vimeo.com/79270506
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