21/11/13

XVI Fira Mediterrània de Manresa: intervista al Faber Teater

L'Italia che si aggirava per le vie della Fira Mediterrània de Manresa era tanta. Una delle ultime mattine abbiamo fatto colazione con il Faber Teater, nove componenti e decine di spettacoli teatrali sulle spalle. Quella che segue è una chiacchierata in cui si parla di arte, teatro e musica ma soprattutto di Ministeri, mense e alberghi.
Buona lettura! 

- Presentateci il vostro progetto artistico: come e quando è nato, come si è evoluto nel tempo, quali obiettivi vi ponete per il futuro.

Dunque, sinteticamente: siamo diventati un gruppo professionista una quindicina di anni fa, siamo nati precedentemente come un gruppo all’interno di un liceo, ci vedevamo alcuni pomeriggi per fare teatro ed era una passione fra tante altre cose, non pensavamo che sarebbe diventato un lavoro. Ad un certo punto c’è stata l’occasione, mentre studiavamo ancora all’università, di provare a fare del professionismo e quindi abbiamo fatto questo grande salto e abbiamo fondato il Faber, sostanzialmente nella struttura in cui siamo ancora oggi, cioè nove persone, sei attori in scena, due registi e direttori artistici e Chiara che è il nostro promoter/ufficio stampa.
Per parlare invece di progetti artistici, ecco, ehm, numerosi. (ridono, ndr)
Allora, sintetizzando: noi spaziamo nel teatro a tutto tondo, sia come compagnia che produce spettacoli, sia come organizzatori di attività e festival sul territorio. Lavoriamo su tanti piani diversi, dal teatro di strada (e infatti qui siamo con Emigranti, che è uno spettacolo storico di teatro di strada, per noi) alle canzoni popolari, con lo studio e il lavoro sulla voce, lavoriamo con molte altre tecniche di arte di strada come i trampoli, per esempio, però lavoriamo anche al chiuso, facciamo anche spettacoli da palcoscenico, spettacoli di teatro d’attore, spettacoli di narrazione, spettacoli per bambini e ragazzi, dalle scuole materne alle superiori. Organizziamo rassegne invernali e organizziamo anche un festival estivo in piccoli paesi intorno a Chivasso che è il posto dove siamo nati con l’obiettivo di portare il teatro dove il teatro non esiste e fare drammaturgia del territorio, costruire una rete, un tessuto intorno al teatro. Questo è.

- Lo spettacolo che presentate qui alla Fira si intitola appunto Emigranti ed è itinerante per le strade di Manresa. Quanto è importante il coinvolgimento del pubblico in uno spettacolo come il vostro e, di conseguenza, quanto conta l’improvvisazione?

Emigranti è uno spettacolo che è nato come itinerante ma ha la particolarità di avere due anime poiché ci è stato richiesto anche come spettacolo fisso, in teatro. Per strada, il lavoro con il pubblico è fondamentale, è uno spettacolo nato proprio per questo, è molto fissato, molto studiato ma, proprio per questo, abbiamo grandi margini di improvvisazione. Le azioni sono oramai definite nei minimi dettagli (sguardi, relazioni fra noi, …), abbiamo degli appuntamenti fortissimi per cui, qualunque cosa succeda durante lo spettacolo, siamo un carro armato che va avanti. È uno spettacolo delicato, cantiamo e suoniamo in acustico con sei voci, una chitarra, una fisarmonica, bacchette e una grancassa a fare da percussione però, nel momento in cui troviamo una situazione come qui a Manresa in cui c’è una piazza o una strada abbastanza silenziosa, lo spettacolo funziona molto, le persone sono molto coinvolte, sorridono dall’inizio alla fine, ridono, a volte forse piangono anche un po’…


- Il vostro progetto artistico si basa molto anche sulle contaminazioni fra diverse tradizioni e culture: quant’è vantagiosa una realtà come la Fira Mediterrània de Manresa per promuovervi ma anche per lasciarvi contaminare in qualche modo?

Mah, guarda, primariamente c’è l’impatto con un pubblico diverso: ogni Paese, ogni pubblico ha un diverso approccio con lo spettacolo di strada. Anche qui, per esempio, nelle tre giornate diverse, ci sono state reazioni molto diverse nel pubblico. Sul clima e le influenze artistiche diverse non possiamo dire molto perché, avendo uno spettacolo al giorno da portare in scena, abbiamo visto poche cose. È molto bello, però, sentirsi dentro un mondo di musica e di canto. Ieri, ad esempio, mentre facevamo riscaldamento in una stanza, in quella accanto c’era un gruppo di ragazze catalane che cantavano; si crea questa sinergia, questa aria d’arte.

- Visto che il nostro è un blog di approfondimento musicale raccontateci qualcosa in più circa l’aspetto più musicale del vostro progetto: in che modo nascono le melodie che accompagnano i vostri spettacoli e quanto sono importanti per la riuscita di questi?

Parlando di Emigranti, i materiali musicali dello spettacolo sono tradizionali, sono canzoni popolari di diversi Paesi: partiamo con una canzone francese, ci sono dei canti brasiliani, dei canti yiddish, dei canti spagnoli e, per finire, dei canti italiani. A partire da questi materiali tradizionali, abbiamo fatto prima un lavoro di arrangiamento fra voci e strumenti e poi un lavoro di approfondimento esclusivamente sugli arrangiamenti vocali. Per cui adesso il cuore del nostro lavoro musicale è il lavoro vocale, le armonizzazioni e la fusione fra le nostre voci.
Adesso, lavorando con Antonella Talamonti, una musicista romana della Scuola Popolare di Musica di Testaccio, in spettacoli nuovi ci siamo avventurati anche nella scrittura di musica inedita per i nostri spettacoli. Quindi Parada, per esempio, è uno spettacolo in cui le musiche sono tradizionali in parte e in parte anche nostre.

- Abbiamo letto sul vostro sito che siete una compagnia riconosciuta e sostenuta dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali…

…“sostenuta” è una parola un po’ eccessiva!

- Ecco, è proprio questa la domanda: in realtà in cosa consiste questo sostegno? Quanto vi aiuta un riconoscimento del genere?

Ehm, non c’è un’altra domanda? (ridono, ndr)

- No, vogliamo proprio la polemica, dai.

Ah sì? (ridono, ndr) Allora, seriamente: il mondo dei finanziamenti ministeriali, dal punto di vista degli stanziamenti, è fermo da molti anni. Noi siamo entrati nell’insieme dei gruppi finanziati nel 2009, in un momento altamente improbabile, e siamo molto contenti di questo.
Negli anni passati succedeva che l’anzianità, la stabilità e la qualità del lavoro artistico facessero aumentare i contributi di anno in anno. Attualmente questo non sta più succedendo, la situazione è molto difficile, per cui noi abbiamo un sostegno del 25% rispetto a quello di cui avremmo diritto secondo i parametri ministeriali. Da qualche anno si sta parlando di andare a rivedere e togliere delle anzianità che forse hanno perso un po’ di senso, per gruppi che hanno molti anni ma hanno ridotto notevolmente l’attività teatrale, per cui staremo a vedere. Noi speriamo davvero almeno di arrivare ad avere gradualmente quello di cui avremmo diritto.
L’altro campo che il Ministero dovrebbe finanziare e in cui ancora non ci siamo avventurati sono le spese per i viaggi però, per esempio, questo viaggio a Manresa è un viaggio troppo piccolo perché il Ministero possa intervenire dunque è chiaro che, se La Scala va in Giappone, è più facile che riceva un sostegno.
Non ci sentiamo di dire che la situazione sia un disastro però, certo, rispetto a gruppi come noi che però hanno fatto domanda una quindicina di anni fa, siamo molto svantaggiati.
Diciamo che ci sono molti margini di miglioramento, ecco. (ridono, ndr)

- Per concludere, ipotizziamo per un momento che siate venuti qui in qualità di semplici spettatori: cosa vi ha entusiasmato di più della Fira? E cosa, invece, non avete apprezzato?

In generale, come dicevamo prima, il bello è l’atmosfera che si respira. È bello essere in posti in cui hai la percezione di essere valorizzato come artista e, girando molto, possiamo dirvi che non è una cosa scontata. È un festival che ha una dimensione molto umana, è evidente che nel corso degli anni siano riusciti a creare una relazione molto bella con il pubblico e con la gente che vive qui.
Banalmente, noi siamo qui perché è un’occasione di promozione per il nostro lavoro però il bello della Fira è che, pur essendo una vetrina, ha un pubblico vero, fatta di gente normale, non ci si trova a fare uno spettacolo solo per gli organizzatori ma a fare arte in una situazione “reale”, con un pubblico vero e molto bello, molto caldo e anche molto educato, che per la riuscita del nostro spettacolo è importante.
La cosa che non ci è piaciuta molto è la disparità tra una realtà come questo albergo – bellissimo ma che però ha la pecca di essere completamente fuori e quindi di complicare un po’ le cose a livello organizzativo per raggiungere la Fira – e la mensa. (ridono, ndr) Quindi se si potesse diminuire questa disparità, noi saremmo contenti ugualmente!


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