valutazione: 9,5/10
Un mondo da quella parte
L’auto gorgoglia su questa strada sterrata, ho paura che le
gomme non tengano. L’oceano è ancora lì, immenso e assopito come un randagio.
Scendo dall’auto, i fari proiettano due coni di luce che illuminano oltre la
staccionata. Le luci di Victoria non si scorgono con la nebbia, e così il
Canada sembra lontanissimo. Riconosco solo le isole di San Juan che sembrano
mormorare da lontano: “Chi va là?”
In questo stesso posto una volta ci portai mio nipote (i
suoi erano in trasferta di lavoro). Era una di quelle rare sere dell’anno in
cui il cielo è limpido e pieno di così tante stelle da sembrare una torta
zuccherata. Mi colpì la sua grande immaginazione quando mi disse: «Guarda zio,
arrivano le sirene!» «Ma dove?» feci io divertito. «Eccole lì – indicando le
onde illuminate dalle stelle –, ci vengono incontro», potevo vedere nei piccoli
occhi di mio nipote lo stupore di un grande evento. La cosa straordinaria fu
che, guardandole attentamente, quelle onde increspate e dalla forma conica sembravano
davvero il dorso di splendide sirene argentate.
Mio caro T., qui la foschia scende ancora più fitta e il
freddo comincia a irrigidirmi le braccia. Ecco la pioggia, cade piano e si posa
sui miei capelli, sull’erba bruna. Ecco il mare che si risveglia.
Ocean roar dreams
return
Come in un sogno di vent’anni fa mi precipito di corsa in
auto e riparto via dimenticando il berretto ormai zuppo d’acqua. Il maestoso
velo grigio chiaro del cielo scroscia acqua e a malapena scorgo i fari delle auto
che mi sfrecciano di fronte. Le sagome scure degli alberi che fanno capolino
sull’orizzonte sembrano abitazioni di un paese sconosciuto e terribile.
Finalmente arrivo in città ma la macchina decide di abbandonarmi proprio tra
due case. Una ha le finestre completamente sbarrate. Dall’altra, invece, una
donna di mezza età mi guarda sollevando le tendine del finestrino con le dita. Ho
un sussulto ma lei sorride e mi fa un cenno di invito. Mi precipito sotto la
pensilina e suono il campanello. Mi accoglie alla porta una ragazza di circa venti
anni.
«Salve – esordisco –, una signora mi ha fatto cenno di
entrare».
La ragazza sorride placidamente: «Sì, sono io». «Oh, scusami.
Che strano, questa pioggia mi rende miope». «Non preoccuparti… Siediti pure,
puoi aspettare qui che spiova». Mi accomodo su un sofà pregno di un odore umido:
di foglie e sigaretta. Noto un giradischi con un vinile che gira ma non risuona
nessuna musica, la ragazza alza il volume e si propagano dalle casse le note
liquide di un synth che sembrano riempire tutti gli angoli della stanza e
infine le parole sussurrate con una leggerezza disarmante lasciano che il tempo
scorra alle spalle, con indifferenza.
Tossed on the waves
blown onto land
Grasping meaning
in churning mess
A moment of clear air breathing, seeing the
expanse.
Totally at peace with the meaninglessness of
living.
Andrea Russo
Mount Eerie – Ocean Roar
[P.W. Elverum & Sun, 04/09/2012]
tracklist
01. Pale Lights
02. Ocean Roar
03. Ancient Times
04. instrumental
05. Waves
06. Engel Der Luft (Popol Vuh cover)
07. I Walked Home Beholding
08. instrumental
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