valutazione: 8,5/10
Sara cominciò a
strappare la busta verdemare che si era ritrovata nella cassetta, sebbene non
fosse indirizzata a lei.
Sin dall’inizio aveva dubitato della reale esistenza di una Via delle magnolie in fiore in quel buco di cemento che era il suo paesino ma, quando persino all’ufficio postale le avevano confermato l’assenza di una via del genere nella toponomastica cittadina, non aveva più saputo cosa pensare.
«Qualcuno avrà voluto farle uno scherzo, signora» - le aveva detto l’impiegato allo sportello - «escludo anche che l’abbia consegnata un nostro portalettere!».
Ed effettivamente la busta non recava alcun francobollo o timbro, nessun mittente se non quella via scarabocchiata in una grafia elegante ma minuta.
Sin dall’inizio aveva dubitato della reale esistenza di una Via delle magnolie in fiore in quel buco di cemento che era il suo paesino ma, quando persino all’ufficio postale le avevano confermato l’assenza di una via del genere nella toponomastica cittadina, non aveva più saputo cosa pensare.
«Qualcuno avrà voluto farle uno scherzo, signora» - le aveva detto l’impiegato allo sportello - «escludo anche che l’abbia consegnata un nostro portalettere!».
Ed effettivamente la busta non recava alcun francobollo o timbro, nessun mittente se non quella via scarabocchiata in una grafia elegante ma minuta.
Così Sara era
tornata a casa. Tanto valeva aprirla.
All’interno della busta c’era un pezzetto di carta strappata, ripiegato in due.
“From A. to S.”
Sara lo dischiuse.
All’interno della busta c’era un pezzetto di carta strappata, ripiegato in due.
“From A. to S.”
Sara lo dischiuse.
Sssh. Ascolta. Ogni corteccia del bosco
cela confidenze biascicate a mezza voce. Ogni radice conosce le mie ginocchia.
Ogni goccia di questo fiume che scorre schiumoso ha sfiorato le mie cicatrici,
inondato i miei dubbi.
Cosa mi resta? Cosa mi serve?
Ho visto chi mi circondava mutarsi in ciò che tanto aveva disprezzato in gioventù. Ho temuto che anche la mia schiena si piegasse sotto il giogo della società, che le mie mani si stancassero di scrivere, che il mio cervello s’inibisse nella morsa della routine. Ho avuto paura di ritrovarmi faccia a faccia con una me stessa annullata.
Ti chiedi chi io sia? Scendi le scale di corsa, infilati nel bosco e ascoltami. Sarò lì.
Cosa mi resta? Cosa mi serve?
Ho visto chi mi circondava mutarsi in ciò che tanto aveva disprezzato in gioventù. Ho temuto che anche la mia schiena si piegasse sotto il giogo della società, che le mie mani si stancassero di scrivere, che il mio cervello s’inibisse nella morsa della routine. Ho avuto paura di ritrovarmi faccia a faccia con una me stessa annullata.
Ti chiedi chi io sia? Scendi le scale di corsa, infilati nel bosco e ascoltami. Sarò lì.
Parve ormai del
tutto chiaro che la lettera non poteva essere indirizzata a lei. In quel posto
non esistevano magnolie, né tantomeno boschi. Era una trappola grigia di case,
palazzi e scuole. Tuttavia quelle poche righe abbozzate su carta color del mare
avevano insieme confuso e affascinato la ragazza. Chi poteva spedire una
lettera del genere e a chi? E che voglia di correre fra le radici e il profumo
d’erba di un bosco…
Le tornò in mente un ricordo. Si mise in macchina. Quand’era piccola, il suo papà la portava spesso in un piccolo boschetto distante qualche chilometro da quel paese. Sebbene fosse piccolino, lei e il padre lo chiamavano “la foresta nera” perché Sara amava sedersi sotto un grande pino e leggere Salgari per interi pomeriggi.
Nel giro di una mezz’oretta fu lì. Il suo grande albero preferito era diventato ancor più maestoso. Sara ne accarezzò le rughe della corteccia, annusò il muschio, raccolse qualche margheritina dal ciglio del sentiero e infine si sedette sull’erbetta.
Si sentì stranamente sollevata. Rilesse le poche righe della lettera e solo allora si rese conto di quanto potesse immedesimarsi nel timore di finire oppressa dai ritmi della società.
Le tornò in mente un ricordo. Si mise in macchina. Quand’era piccola, il suo papà la portava spesso in un piccolo boschetto distante qualche chilometro da quel paese. Sebbene fosse piccolino, lei e il padre lo chiamavano “la foresta nera” perché Sara amava sedersi sotto un grande pino e leggere Salgari per interi pomeriggi.
Nel giro di una mezz’oretta fu lì. Il suo grande albero preferito era diventato ancor più maestoso. Sara ne accarezzò le rughe della corteccia, annusò il muschio, raccolse qualche margheritina dal ciglio del sentiero e infine si sedette sull’erbetta.
Si sentì stranamente sollevata. Rilesse le poche righe della lettera e solo allora si rese conto di quanto potesse immedesimarsi nel timore di finire oppressa dai ritmi della società.
***
Da qualche mese
Paolo non vedeva più la ragazza che abitava nell’appartamento accanto al suo.
Era carina, aveva una strana luce negli occhi. Una mattina l’aveva vista
scendere le scale di corsa con uno zaino in spalla e infilarsi in macchina. Da
allora era sparita lasciando un bigliettino attaccato alla porta di casa:
Scendi le scale di corsa, infilati nel bosco e ascoltami. Sarò lì.
Sara.
Annachiara Casimo
Scendi le scale di corsa, infilati nel bosco e ascoltami. Sarò lì.
Sara.
Annachiara Casimo
Arrange – New memory [autoprodotto, 10/07/2012]
tracklist
01. Ivory Pt. 1
02. And My Hands Denied Me My Right
03. Caves
04. If I Ever See The Center Of It All
05. Where I Go At Night
06. Æ
07. North
08. When We Saw
09. Ivory Pts. 2 + 3
10. New Memory
11. Sides [Bonus Track]
12. Want To Be Alright [Bonus Track]
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