03/02/12

Intervista a Colapesce

Foto di Alessandra Trainiti


Dopo un’EP sognante che ha spiazzato tutti a metà 2010, torna Colapesce (nome d'arte per Lorenzo Urciullo) con Un meraviglioso declino, un disco delicato e prezioso, da ascoltare ad occhi chiusi.
Ne abbiamo parlato con lui!


L’incontro/scontro fra la dimensione dell’artista e quella dell’uomo affascinano da sempre gli ascoltatori e osservatori più attenti. Un articolo del ’70 dedicato a Gino Paoli, ad esempio, metteva in evidenza come il musicista, all’apparenza tanto schivo da risultare antipatico («quello con gli occhiali scuri e non si può mai vederlo in faccia», «quello a cui bisogna tirar fuori le parole di bocca») fosse in realtà l’opposto del suo personaggio: se c’è uno che ha bisogno degli altri, che ha bisogno di comunicare, questi è lui”.
Colapesce e Lorenzo, invece, sono due entità distinte e distanti fra loro o, piuttosto, complementari? Cosa c’è della tua essenza umana nell’arte e nel modo in cui fai musica?

Colapesce è Lorenzo. Il progetto è pieno di stati d’animo, citazioni, frustrazioni, gioie e dolori che mi riguardano direttamente. La forma canzone mi permette di essere e l’essere mi permette di vivere.

L’esigenza di far musica sorge spesso nei modi più inaspettati: ne L’ultimo dio, il suo romanzo autobiografico, Emidio Clementi rintraccia la nascita di quest’esigenza nella lettura di un libro di Emanuel Carnevali. La tua “avventura” nel mondo della musica com’è nata, invece? Quanto e in che modo influisce la letteratura su quello che scrivi?

La mia avventura nella musica ha basi ataviche: il mio bisnonno suonava il violino, mio nonno la fisarmonica, mio padre la batteria. La letteratura e il cinema influenzano molto il mio modo di scrivere e comporre. Prima della scrittura c’è la lettura, prima della composizione c’è lo studio e l’ascolto, o almeno così dovrebbe essere. I miei testi sono ricchi di citazioni letterarie, alcune più esplicite, altre più velate: Astolfo sulla luna da Ariosto, Il principe di Machiavelli, Il treno ha fischiato da Pirandello sono i primi che mi vengono in mente. Fra i registi annovero Bergman, Hitchcock, T. Anderson. Emidio Clementi, da te citato, è la mente più acuta del panorama indipendente italiano, credo sia il nostro Carver.

Il tuo EP di debutto conteneva una cover di Léo Ferré, cantautore ricordato per il suo sguardo spietato ed anarchico sul mondo. Pensi che la musica oggi possa ancora assumere una connotazione politica e avere un’incidenza sociale?

Il cantautore ha storicamente una responsabilità sociale, soltanto che oggi emerge più l’aspetto “tarallucci e vino” e meno quello politico che fa da pungolo, da catalizzatore, da stimolo per la riflessione. Oggi gli unici a parlare di sociale sembrano i rapper e i reaggettari, ma entrambi scadono nella retorica più becera e dozzinale, mentre personaggi come Ferré potevano parlare di un “culo” per 5 minuti (vedi Il tuo stile), farti riflette e poi piangere. 
Foto di Corrado Cavarra

Il tuo nuovo lavoro, Un meraviglioso declino, è un delicato impasto di parole e musica che sembra riecheggiare da tempi lontani e, al tempo stesso, ha la capacità di suonare attualissimo. Musicalmente cosa ti ha influenzato durante la creazione dell’album? Sei soddisfatto del risultato?

Le influenze sono varie e stratificate, ogni traccia ha la sua storia. L’ascoltatore più attento non avrà difficoltà a notare la trasversalità dei miei ascolti, confluiti nel declino, in maniera del tutto inconscia. Qualcuno mi ha addirittura accusato di plagio: amen. S’illumina potrebbe ricordare dei passaggi alla Crosby Still Nash & Young, Oasi gli Yo la Tengo, Restiamo in casa alcuni passaggi alla Bill Callahan, La zona rossa dei temi di Kevin Ayers, Il mattino dei morti viventi una ballad alla King Crimson etc. Sono più che soddisfatto, come primo lavoro non poteva venire meglio.

La produzione del disco è stata affidata alla 42records di Giacomo Fiorenza, premiato anche al MEI come miglior produttore dell’anno. Come sono nati questo sodalizio e le collaborazioni con i vari musicisti che ti accompagnano nell’LP (solo per citarne alcuni: Alessandro Raina,  Sara Mazo,  Andrea Suriani)?

Tutte le collaborazioni che trovi all’interno del disco sono nate sulla base di amicizie pregresse e stima professionale. Nessuna guest ad hoc per far parlare del progetto o simili dinamiche promozionali. Giacomo ha fatto un ottimo lavoro e lui stesso è convinto che si tratta della sua produzione migliore. Registrare in un ambiente così sano è stata un’esperienza memorabile, spero si possa ricreare la stessa magia anche nei miei prossimi lavori.

Piccole realtà come la 42records stanno facendo pian piano rifiorire il mercato discografico italiano, spingendolo ad esplorare le nuove frontiere del commercio musicale: sei favorevole alla libera circolazione dei dischi attraverso streaming, download gratuiti, eccetera? Riesci a vivere della tua arte o, come spesso accade, nella vita di tutti i giorni hai un lavoro che nulla ha a che vedere con la musica?

Sono favorevole allo streaming e ai free download, ma penso anche che l’mp3 sia il supporto più scadente mai concepito dall’uomo per l’ascolto della musica. Consiglio sempre di comprare i supporti editi legalmente, o scaricare la musica in formati adatti all’ascolto (.wav .aif etc.) che non snaturino la professionalità e le centinaia di ore perse, da musicisti e fonici, in fase di ripresa e mix per  far suonare bene le canzoni. Al momento sopravvivo di musica facendo anche delle piccole produzioni, mettendo dischi in qualche locale e suonando live. Mi rendo conto di avere la fortuna di poterlo ancora fare. Ho molti altri progetti che intendo sviluppare, ma evito di annoiarvi. 

Personalità come il già citato Paoli ma soprattutto Tenco o De André non hanno mai fatto mistero sul senso di inadeguatezza che li coglieva nel corso delle loro (proprio per questo rarissime) esibizioni live. Per te quanto è importante portare in giro le tue canzoni dal vivo? Come vivi il momento del concerto? È già in programma un tour di Un meraviglioso declino?

La dimensione live è importante per Colapesce, vivo con serenità le esibizioni. Non sono un chiacchierone e interagisco poco con il pubblico, non per timidezza ma per filosofia. Odio i frontman che parlano troppo e ostentano la loro simpatia. Io vado ai concerti per ascoltare la musica, se voglio sentire parlare qualcuno vado a teatro o accendo la radio. Il tour parte da metà Marzo, lo sta organizzando DNA concerti e toccherà parecchie regioni italiane, a giorni sul nostro profilo facebook e tumblr annunceremo tutte le date.

Per finire, una curiosità: di chi è la bellissima fotografia in copertina e perché l’hai scelta per “rappresentare” l’album?

Foto di Alessandra Trainiti
La bellissima foto di copertina, così come quella del primo ep, è di Alessandra Trainiti. In entrambe le foto, i soggetti sono in movimento e danno le spalle all’osservatore, oramai diventato una sorta di marchio di fabbrica Colapesce. Come a voler porre l’accento sulla  natura liberatoria e benefica del movimento. Nelle foto di Alessandra c’è molta dinamica e poesia, a prescindere da chi c’è dietro loro “vanno avanti lo stesso”. La foto è stata scattata nel palermitano, “L’onda” di cemento celeste in copertina fa parte del complesso scultoreo  Fiumara D’arte. Nel book del cd e del vinile ci sono altre splendide stampe di Alessandra, che ha curato pure tutta la parte grafica del progetto.

Annachiara Casimo

1 commento:

  1. Credo che solo un declino possa fare spiccare il volo. E' il segreto del coraggio!

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